Il futuro dei videogames?

Geordi_La_Forge_2368Ultimamente, grazie alla raccolta fondi Kickstarter, sembra ci sia un rinnovato interesse verso periferiche di gioco per un’immedesimazione totale. Ricordate quando da bambini sognavate di utilizzare guanti, pistole e caschetti virtuali per entrare veramente nel gioco, ma lo stato dell’arte ci era avverso? Beh, forse i tempi ora sono maturi. E che sia arrivato anche il momento della rinascita delle sale giochi?

Qualche mese fa si è conclusa la raccolta fondi per gli Oculus Rift, forse la più grande innovazione videoludica degli ultimi tempi. Si tratta di un casco con schermo stereoscopico e giroscopio – per riconoscere i movimenti della testa – in grado di immergere il giocatore completamente all’interno del gioco.

Avendo avuto la possibilità di provarlo – grazie ai ragazzi dello Studio Evil di Bologna – posso confermarvi che siamo assolutamente sulla strada giusta. Ovviamente il prodotto ha senso prevalentemente per giochi in prima persona, ma dubito che i geni informatici si fermeranno a questo utilizzo.

Provando gli Oculus Rift

Provando gli Oculus Rift

Nei pochi minuti in cui l’ho indossato, l’Oculus Rift mi ha portato effettivamente dentro una Matrix videoludica, un posto dove il cervello non prova nemmeno a farti credere di essere in un gioco. Sei lì, dentro City 17, dentro Tamriel, o qualsiasi altra ambientazione videoludica.

L’altro lato della medaglia, purtroppo, è che il cervello risponde male a tutti gli artefatti di game design, portandoti alla nausea ad ogni movimento regolato dal gamepad. La mia esperienza, infatti, è stata molto simile a quella di una brutta sbornia, dove giramento di testa, nausea, vertigini e barcollamento si sono fatti sentire da subito.

Probabilmente con l’utilizzo frequente la situazione migliora, ma rimane un problema da correggere, se non via software, via hardware.

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Omni in azione

Forse basandosi su questa mentalità, sempre su Kickstarter sono stati prodotti almeno altri due prodotti interessanti, che assicurano l’assenza di motion sickness e che rendono l’esperienza ancora più immersiva.

La prima periferica si chiama Omni e fondamentalmente è una base dove potersi muovere – camminando o correndo – a 360 gradi. La sua struttura è composta da un supporto per il corpo (per non cadere) e da una serie di pallini con sensori a terra che permettono di muoversi o correre rimanendo sempre nello stesso punto e registrando il movimento che si sta facendo. Inoltre, per perfezionare ulteriormente la sensibilità, si può collegare un Kinect che con le sue telecamerine monitorizzerà salti e altri movimenti del corpo.

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Atlas, realtà e finzione in armonia

L’altra periferica, tutt’ora in raccolta fondi, si chiama Atlas. Tra i tre progetti forse è il più debole, ma è anche quello che potrebbe far nascere nuove attività videoludiche non casalinghe.

Atlas infatti, basandosi sempre sulla realtà virtuale riprodotta dagli Oculus Rift, registra la realtà intorno a noi e la sfrutta per ricreare dungeon (o altre ambientazione più o meno fantastiche), con tanto di creazione di ostacoli o muri negli stessi punti in cui ci sono ostacoli o muri nella realtà. In pratica cammini e ti muovi nel mondo reale, ma tramite il caschetto virtuale vedi un mondo tutto diverso. Una sorta di ponte ologrammi, senza ologrammi.

Per tutte queste tecnologie vedo facilmente un futuro. Gli Oculus Rift per tutti i videogiocatori casalinghi, videoconferenze immersive o incontri con gli amici senza muoversi da casa (o tipo Il tredicesimo piano), l’Omni per palestre e sale giochi lan, e Atlas per giochi all’aperto, pseudo-ponti ologrammi per guerra simulata o videoconferenze.

In conclusione, il bambino in noi che non ha mai smesso di sognare la realtà virtuale, presto potrebbe riemergere e avere, finalmente, il proprio momento di gloria.

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